• Marco Campanella nasce il 23 giugno 1971 a Bari. Durante la primissima infanzia si trasferisce per un anno in Canada con la famiglia e inizia a conoscere e a sviluppare il gusto della cultura anglosassone.
• Trascorre il resto dell’infanzia a Napoli e nel 1980, a 9 anni, partecipa con un disegno al concorso internazionale indetto dall’ESA (European Space Agency) in occasione del primo lancio dello Space Shuttle. Al termine delle selezioni tra gli alunni di tutti i cicli scolastici, risulterà vincitore per l’Italia e, insieme a tutti i vincitori delle rispettive nazioni europee, partirà per il viaggio premio a Cape Canaveral.
• Il suo evidente talento per il disegno, incoraggiato e sostenuto sin dai primi cicli scolastici, lo porta a scegliere gli studi artistici. Nel 1985 torna ancora per un anno in Canada dove realizza alcune illustrazioni per la rivista “Alma”.
• Terminati gli studi presso il Liceo Artistico di Napoli, per un anno frequenta a Roma l’Istituto Europeo di Design e parallelamente studia illustrazione naturalistica con Franco Testa. Nello stesso periodo pubblica i primi libri con alcuni editori napoletani.
• Nel 1996 segue dei corsi di perfezionamento con Adelchi Galloni e Lisbeth Zwerger. Sempre più, in questo periodo, coltiva un’altra sua grande passione: la scultura.
• Nel 1997 incontra la pittrice Margherita Pavesi Mazzoni e con lei realizza le scenografie per uno spettacolo teatrale.
• Nel 1998 si trasferisce a Milano dove inizia a lavorare con la Dami Editore, con cui pubblica ancora oggi libri tradotti e diffusi anche negli Stati Uniti, in Francia, Germania, Inghilterra, Russia, Spagna, Portogallo, Olanda, Grecia, Repubblica Ceca, Croazia, Lituania, Indonesia, Finlandia, Australia, Corea, Messico, Hong Kong, Georgia, Sud Africa, Romania, Polonia, Latvia, Serbia, Albania, Croazia, Slovenia, Cina, Turchia, Ungheria, Estonia, Lettonia.
• Nel 2000 si trasferisce in Svizzera dove, desiderando dedicare più spazio alla crescente passione per la scultura, inizia a lavorare nell’Atelier della scultrice argentina Gabriela Spector.
• Nel 2002 rientra a Napoli dove, nel 2003, realizza un monumento a Madre Teresa per la piazza a lei dedicata. All’inaugurazione della piazza e dell’opera, durante un convegno teso alla promozione del gemellaggio tra Napoli e Calcutta, sono presenti il Sindaco e il Cardinale di Napoli e una vasta delegazione della città indiana, guidata dal Sindaco.
• Nel 2004 uno dei personaggi più noti che ha realizzato con la Dami Editore, Topo Tip, si afferma in tutto il mondo e in Germania viene scelto come testimonial di una campagna pubblicitaria. Mentre si dedica alla realizzazione di questo progetto, nello stesso anno Marco realizza una madonna in bronzo per il Circolo Posillipo di Napoli.


Io e l'arte

Arte… una parola che definisce qualcosa di per sé misteriosa e indefinibile, inafferrabile e soggettiva. Spesso mi accorgo che qualsiasi espressione artistica trova qualcuno che l’apprezzi e si riconosca in essa, che ritrova una parte di sé raccontata nei molteplici e magici percorsi della creatività. Nella mia piccola esperienza, mi sorprendo ogni volta nello scoprire che le mie opere abbiano un riscontro tanto diverso a seconda di chi le guardi. Forse questo è scontato, eppure secondo me dice già tanto della natura dell’arte. L’arte, quando è veramente tale, riesce ad aprire un piccolo spiraglio tra la vita terrena e l’imperscrutabile tutto che è al di là del normalmente percepito. Quando questo avviene, l’arte può diventare ponte, può farsi magia sciamanica, facendoci riscoprire esseri alati in grado di sfiorare, anche solo per un attimo, nuovi orizzonti per le nostre coscienze. Come la religione, l’arte può compiere questo miracolo nelle nostre anime o anche solo farcene intravedere la possibilità, mettendoci in contatto con la nostra natura divina… con la bellezza divina. Riesco a immaginare l’emozioni dei primi uomini che hanno cercato di riprodurre la magnificente bellezza della natura che li circondava. Nelle loro opere è evidente il valore sacro dell’arte, che diventa ponte tra l’uomo e la divinità che è fuori e dentro ognuno di noi, che è origine e fine del nostro intimo percorso di ricerca. Attraverso il processo creativo, mi capita sempre di mettere spontaneamente a fuoco una nuova scoperta che ho fatto su di me e sulla mia esperienza di vita, sul mio viaggio di uomo assetato di risposte. Credo che ogni essere umano possa trasformare se stesso, e ciò che fa, in un opera d’arte, se riesce a trasformarsi davvero in un canale della propria unicità, se si fa cantastorie disinteressato della propria esperienza umana, purificando il proprio canto da tutte le sovrastrutture culturali e sociali che ne limitano la natura divina. So che questo è un traguardo difficilissimo da raggiungere, anche per coloro che normalmente il mondo identifica come artisti. Troppo spesso, soprattutto nell’arte contemporanea, ritrovo solo furbizia e volontà di assecondare e ottenere il riconoscimento di chi detta le regole dell’arte, da chi tristemente ne guida le economie.
«L’artista apre le forme del lavoro alla trascendenza» come dice J. Campbell, che definisce l’arte «[...] come il potere rivelatore della maya: arte come produzione di “bellezza divinamente superflua”, oggetti che procurano l’arresto estetico e che non hanno alcuna utilità pratica, ma che aprono a dimensioni interiori». Ma è proprio questa caratteristica dell’arte, di essere superflua nella vita pratica dell’essere umano, a mettere spesso in crisi la mia esperienza di giovane artista in questo mondo globalizzato che sempre di più dimentica l’importanza dell’invisibile, impalpabile, nutrimento per l’anima, che spesso è antieconomico e non segue le mode imposte dalle industrie e dalle economie. Ma è anche la trasformazione che ha portato l’avvento dell’era dell’informazione, che ci mette sempre in prima fila davanti a tutte le tragedie del mondo, ad aver radicalmente trasformato la nostra percezione della vita e ad aver aumentato drammaticamente il senso di impotenza che spesso condiziona la vita dei giovani. Ed è questo sentirmi piccolo ed impotente, che in certi momenti mina il mio convincimento di voler percorrere questa strada, che aumenta la mia sfiducia nell’apporto che, nel mio piccolo, posso dare all’umanità con la mia arte.
Ma tutto questo è superato dalla consapevolezza che l’arte può farsi canale di nuove possibilità, seminatrice di una più alta coscienza per l’umanità, ponte tra noi e l’infinito, tra noi e l’imperscrutabile mistero che è origine e fine della vita… è questa l’arte che spero di riuscire un giorno a realizzare.